martedì 24 settembre 2013

Giakuzuki e relative posture.

Gli Scritti del M° Maurizio Orfei.

Si parte dalla postura di Junzuki Dachi o Zenkutsu, (immagine Zenkutsu Dachi) dando per scontato la conoscenza della costruzione.

Il pugno costruito su questa posizione con il baricentro avanzato è quello di maggiore gittata senza sacrificare l’equilibrio come nel caso del Notsukomi.

La costruzione statica.
Il Gyakuzuki ha una gittata minore rispetto allo Junzuki se non si utilizzano dinamicamente le anche,
La rotazione vigorosa che sottende il lancio di questo pugno, costringe ad una modifica della distanza fra i piedi che si riduce di circa un piede e di altrettanto si allarga (immagine Giakuzuki Dachi)

La costruzione dinamica.
Alla domanda ricorrente: “Quale piede di muove nello Gyakuzuki?” e l’altra successiva: “Come fa la Wadokai? Come fa la Renmei?”…rispondo che le domande sono sbagliate, entrambe e che, comunque il piede non deve essere mosso per fare Gyakuzuki, ma è costretto a muoversi.

Ora consideriamo le situazioni dinamiche, cioè dove e quando il rapporto distale con l’avversario non corrisponde a quello previsto per l’analisi della costruzione statica, avendo come elemento di base la contro rotazione delle anche, condizione necessaria per l’esecuzione corretta dello Gyaku Zuki.

Prima situazione:
il mio Junzuki è arrivato a bersaglio e l’avversario ha accusato il colpo rimanendo fermo; devo doppiare con Gyakuzuki trovando lo spazio per entrare con la tecnica; contro rotazione dell’anca che conferisce potenza e il mio piede anteriore si sposta lateralmente e indietro giusto di un piede per consentire la massima dinamica alla tecnica nella sua posizione ideale, cioè Gyakuzuki Dachi (immagine Gyakuzuki Dachi)

Seconda situazione:
lancio il mio Junzuki che è assorbito dal mio avversario con un piccolo scivolamento indietro; l’inerzia del mio movimento mi consente di lanciare lo Giakuzuki ruotando le anche ma per compensare la maggiore distanza, devo ruotare un po’ di più e il piede posteriore, l’unico che può muoversi, supporta questa azione avvicinandosi all’altro. (immagine Tobikonde Gyakuzuki Dachi)

Terza situazione:
il mio avversario cerca di trovare il suo MAAI, cioè la distanza per lui opportuna per costruire un attacco; mi muovo cercando di impedirlo e nello stesso tempo di trovare la mia distanza operativa; un piccolo spostamento laterale con il piede anteriore, Soto Ashi, mi permette di avere l’anca caricata per una tecnica Giaku, sia essa uno Tsuki o una tecnica di Geri.( immagine Soto Ashi)

Quarta situazione:
il mio avversario tira un Kizami e schivo spostandomi lateralmente e lancio il mio Giakuzuki di incontro; la schivata mi costringe ad abbassare il baricentro ma devo convogliare l’energia del colpo verso il centro e trovare nella postura, praticamente laterale, la stabilità necessaria per sostenere l’impatto del colpo.
Per questo il piede anteriore che si è spostato lateralmente continua a “guardare” l’avversario…(immagine Tobikomi Giakizuki).

Dovreste pormi una domanda: “Ma tutta questa suddivisione di tecniche serve realmente?”
Se prestate servizio presso i Lagunari o le Teste di Cuoio, non vi serve a niente…

Se invece praticate le Arti Marziale nell’accezione del DO, l’autorealizzazione attraverso il perfezionamento delle azioni, credo che queste disquisizioni possano essere utili, se non necessarie.
Non sono le singole posture viste come elementi statici che determinano gli elementi di uno stile, ma loro funzione in quanto esse stesse sono generate da questa.
Non porto un pugno “bello”, porto un pugno efficace e fra gli elementi che ottimizzano l’efficacia di una tecnica, ci sono le posture come elementi strutturali anatomici fondamentali. 



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